lunedì 31 dicembre 2012

L'ultimo dell'anno, così si chiamava. Che si fa l'ultimo dell'anno? Forse avevamo 12, 13, 14 anni, belle, fresche signorine che si affacciavano a una vita sconosciuta con un pò di timore, si lasciavano giochi infantili e si cominciava a guardare negli occhi i maschi che sembravano già da qualche tempo interessati a noi. Del mio primo ultimo dell'anno festeggiato fuori casa ho un ricordo sfocato. Mi accompagnò mia madre, a piedi, nella notte fredda, mi sembra al Magro, in casa di due ragazzine e lì forse ascoltammo musica, forse bevemmo spumante con una fetta di panettone. So che mio padre non era affatto contento. Poi, anno dopo anno, organizzammo, a Pannero, nella sala grande mentre le madri chiacchieravano in cucina, "festine" e, più grandine, nella serra di Sergio sempre guardate da mamme e zie. Ma era un guardare sommesso, non disturbava, anzi ci accompagnava e ci dava sicurezza nell'affrontare un'altra fase della vita. Si andava verso terre sconosciute ma avevamo alle spalle un terreno solido che ci avrebbe sorretto.
Buona fine e buon principio, si diceva, coniugando passato, presente e futuro alla speranza. E così faccio io augurandovi un sereno 2013.

domenica 30 dicembre 2012

Anche se oggi è il trenta e manca un bel mazzetto di ore, metto questo pezzettino scritto un pò di tempo fa.
Il murìcciolo ci aveva accolto anche in quel giorno di fine anno: doveva essere un'invernata tiepida, non ho ricordo di freddo e nemmeno del perché ero rimasta sola.
La sera era scesa presto, sulla strada unica luce il lampione d'angolo; qualcosa di diverso nell'aria, però.
M'incantai a guardare le finestre illuminate, tante di più quella sera: le ragazze si facevano belle per andare al veglione, io ero piccola, sarei andata a letto come al solito: forse però per l'ultima volta, poi avrei fatto come Franchina, Luana, Vera, Carla, avrei avuto un vestito luccicante e mi sarei profumata...e qualcuno mi avrebbe accompagnato a ballare.
Quelle finestre illuminate, una luce gialla e calda sulle facciate delle case mi donavano sicurezza, dovevo solo attendere con calma il mio momento che sarebbe di certo arrivato come era accaduto alle giovani donne che mi precedevano di qualche anno nello svolgersi della vita.

sabato 29 dicembre 2012

"Fino a Natale né freddo né fame. Da Natale in là freddo e fame arriverà." Così ripeteva a volte mia madre esprimendo parole antiche (ma non poi così tanto) collegate a una società contadina che viveva del raccolto dei campi. Allora mi domandavo come mai dopo Natale poteva arrivare la fame: il freddo sì ma la fame era una parola che più tardi ho potuto capire nella sua accezione più brutta. Da piccola, se avevi fame mangiavi e forse la prima intuizione di cosa fosse la fame era legata al bussare, alla porta di casa, dei "poveri" al quale davi quasi sempre il pane; così il termine fame si sposava con povertà e cominciavi a capire come andava il mondo. Un altro modo di dire era: E' (proprio così) gli Innocentini, finite le feste, finiti i quattrini. E questo era più comprensibile perché i quattrini, pur pochi, durante le feste natalizie, venivano usati per il cibo, per i vestiti, per i chicchi e qualche regalo di Befana ai bimbi, per pagare i debiti al merciaino e alla bottega. Ma era un modo di dire quasi scherzoso e anche di sollievo per la fine di un periodo bello ma un pò turbolento.

giovedì 27 dicembre 2012

Tra Natale e Capodanno c'era anche il mio compleanno, proprio il 27 dicembre, oggi cioè. Una delle cose più tenere che mi disse mio padre (e i padri non erano teneri facilmente anzi proprio li temevamo) fu che quando ero nata (in casa, nel letto matrimoniale, con una balia a controllare), poco dopo la mezzanotte del 26 dicembre, c'era una luna piena splendente: Si poteva leggere il giornale! disse. Bene, il mio compleanno è sempre stato festeggiato; era giorno di vacanza dalla scuola, in casa c'erano chicchi, si stava caldi nella cucina e le amiche venivano invitate, non tutte, penso, vista la dimensione del locale (ancora oggi mi chiedo come abbiamo potuto abitarci in cinque eppure allora non me lo sono domandato mai: forse da piccoli oltre il tempo si dilata anche lo spazio!)

mercoledì 26 dicembre 2012

Mi sono dimenticata della letterina di Natale che veniva scritta, spesso a scuola, nei giorni precedenti le vacanze e subito nascosta dalle mamme: Era una deliziosa lettera con le righe e, gioia per i nostri occhi, decorata con figure e piante che ricordavano il Natale, ma tutte luccicanti, dorate e argentate. Lì sopra, con molta attenzione, appena si sapeva scrivere, c'erano parole di affetto al padre, propositi di trasformarci in bimbi buoni e ubbidienti e richieste di soldini. Arrivati all'ora del pranzo natalizio mentre si apparecchiava si metteva la letterina sotto il piatto del padre e alla fine, quando si sparecchiava, lui mostrava sorpresa nel trovarla. Felice e emozionata recitavo così: Caro babbo, oggi è Natale/ senza soldi si sta male/ dammi almeno 100 lire/ per andarmi a divertire. Così arrivavano i soldini. I soldi si chiedevano al padre perché generalmente era lui che lavorava ma non era sempre così nemmeno in quel tempo lontano; le cose stavano cambiando in modo veloce.

lunedì 24 dicembre 2012

E oggi è la vigilia di Natale: minestra di ceci, baccalà lessato e ceci di contorno. Ripropongo il menù ai miei amici da più di trentanni con qualche aggiunta. Per esempio preparo dei crostoni di pane tostato e agliato e sopra adagio la braschetta lessata con un pò del suo brodo di cottura; condisco con l'olio buono di quest'anno. Tutte cose che mangiavo anche quand'ero piccola e con gusto. Oggi voglio fare tanti auguri di buone feste a tutti/e quelli/e che mi leggono e, naturalmente, a tutta corte Fibbiani e anche alle altre corti di Sant'Anna che ormai non compaiono più nemmeno sugli indirizzi.

BUON NATALE  e SERENO ANNO NUOVO.

sabato 22 dicembre 2012

Mandarini, noci e fichi secchi, poi sottanine cucite dalle mamme e dalle sartine della corte, qualche volta un maglioncino (mi ricordo una gonnella di stoffa tipo scozzese, a quadroni nei toni del giallo, marrone e nero e un maglioncino giallo), non mancava il librettino, sottile e colorato con qualche racconto da leggere e disegni da guardare e poi qualche chicco...mica tanto altro; ma io ero felice di quei doni, certo quella volta che a tutte le bambine della corte arrivò l'hula hoop (si scrive così?) la festa fu indimenticabile.

giovedì 20 dicembre 2012

Insieme all'odore del legno bruciato, irresistibile quello del pino, quei giorni che andavano dal Natale alla Befana, profumavano di arance e mandarini. Questi frutti arrivavano nel periodo natalizio a rallegrare con il colore, l'odore e il sapore delizioso (tutto ciò che era aspro mi piaceva) questa parte dell'anno che vedeva i bambini liberi dalla scuola. Non c'erano regali a Natale ma tutti noi aspettavamo la Befana cercando di essere un pò più buoni nei giorni precedenti per evitare l'odiato carbone: ed era carbone vero, che ti sporcava le mani. Che ci portava la Befana la sera della vigilia della sua festa?

mercoledì 19 dicembre 2012

In questi giorni di dicembre mi ricordo di come la corte aspettava il Natale, con la solita calma, c'era anzi più attesa e direi lavorìo per le feste del Corpus Domini e anche per la festa di Sant'Anna perché quelle toccavano proprio la corte e la voglia di fare tutto per bene (i tappeti alle finestre, le luci, la fiorita, la processione) e insieme, naturalmente, quanto era di competenza familiare (le torte, gli inviti, i vestiti...). Il Natale era vissuto più all'interno della famiglia e non comportava lavoro con gli altri tranne che il mettersi d'accordo per la Messa di mezzanotte. Si andava a piedi in gruppi più o meno grandi, i più piccoli generalmente andavano a letto presto e anche quelli più vecchi. Una sera toccò anche a me andare e incontrare sulla via del Tiro a segno altri gruppetti delle corti circostanti: mi ricordo nell'aria un profumo di pino bruciato insieme al freddo dell'aria sulle gambe velate soltanto da calze di naylon, forse la sciarpa al collo e un foulard di lana sui capelli. Questo succedeva quando già ero ragazzina: da piccolina la parte migliore era la fine della Messa e la presentazione, da parte del prete, alle labbra di quella statuina di Gesù bambino che era bellissima; ci si dirigeva tutti, a turno, alla balaustra circolare dell'altare e, come il vento, Don Romolo Motroni passava davanti alle persone dicendo una frase di rito (non la ricordo più); ognuno gettava un bacio all'incirca ai piedini del Bambinello che era sorridente e a braccia aperte. Negli occhi assonnati dei bambini rimaneva un che di azzurro e rosato.

domenica 16 dicembre 2012

Eh, sì, nella corte volavano spesso bestemmie, "moccoli come rena", si diceva: alcuni non mettevano insieme tre parole senza intercalare una parolaccia e quelli più piccoli imparavano presto a smoccolare. Ma quel parlare raramente era accompagnato dalla rabbia (sì, rabbia si diceva, anche se le maestre ci correggevano con "ira", vuoi mettere rabbia?), rimaneva una protesta, consolidata in parole, che rappresentava la fatica del vivere quotidiano, del lavoro duro, delle poche soddisfazioni. Oltre ai moccoli, diciamo così, storici e più usati, ai nomi di Dio, Cristo e la Madonna venivano accoppiati termini più creativi che a volte nascevano lì per lì ( non so se ho già raccontato di Fedora che in un'occasione cominciò così: Dio, Dio, Dio rosso-nero, riferendosi ai colori della maglia della Lucchese) e a volte si camuffavano con io al posto di Dio  o con espressioni come "Cristo santo", " Cristo di Dio".

sabato 15 dicembre 2012

Non ricordavo che il vecchio Peschiera ( era Carlo, di nome, e Carlo era anche il nipote) fosse soprannominato Miseria Cane: Lucia Rosa dice che quando venivano in corte chiedevano: Dove sta Miseria Cane?, non Carlo, non il Peschiera! Ma non mi stupisco dei soprannomi perché tutti ne avevamo uno, a volte anche due. Emma, invece sembra prendersi una sua rivincita: piccolina, scura come Santa Zita, come dice Sergio, attaccata ai muri della casa facendo calzerotti di lana coi cinque ferri, silenziosa, quasi si volesse rendere poco visibile; eppure, forse proprio per queste caratteristiche, è un ricordo molto presente, spicca per la sua mitezza e anche per un'accettazione sorridente di quello che ha in serbo per noi la vita.

giovedì 13 dicembre 2012

Sergio, il fratello di Lucia Rosa, ha scritto un ricordo della corte che ora trascrivo.
"La casa dei Peschiera era posta fra l'incrocio di via Boboli con via Vecchi  Pardini. L'ingresso della casa era dalla corte. Si entrava direttamente in una piccola sala con al centro un tavolo. Alla sinistra stava seduto sempre il vecchio Peschiera; non ricordo più come si chiamasse. Comunque tutti lo chiamavano Miseria Cane perché questo era un intercalare che lui adoperava almeno ogni tre parole e per noi ragazzi era una grazia di Dio perché in corte Fibbiani tutti gli uomini e anche le donne bestemmiavano. Il vecchio Peschiera se ne stava lì seduto a rimettere insieme qualche vecchio grammofono a manovella (quelli con il trombone). Sempre sulla sinistra ma in fondo alla sala, attraverso tre scalini si accedeva ad un ripiano semicurvo dove, appoggiata alla parete avresti trovato Emma, la servetta di casa, dal carnato scuro come Santa Zita. Emma stava lì in silenzio, anzi il più delle volte dormiva in piedi e faceva il calcetto. Quest'ultimo, contrariamente a quello che si intende oggi, era la fabbricazione dei calzini che Emma faceva, non ho mai capito come, con cinque ferri. La cosa più sorprendente è che lavorava anche mentre dormiva. Vittorio, figlio del Peschiera, aveva un cane da caccia, un gordon nero e marrone di circa ottanta chili, ben addestrato come del resto tutti i suoi cani e ogni tanto diceva:- Tom, sveglia Emma!- e Tom si alzava e con le sue enormi zampe aggrediva la servetta la quale anche per restare al gioco urlava e faceva finta di avere paura. Questo si ripeteva quasi tutti i giorni finché non successe il fattaccio: quella volta Emma perse l'equilibrio, cascò dagli scalini e si troncò un braccio. Fu subito portata da Giulia che era la donna che rimetteva a posto le troncature; stava a Sant'Angelo e bastava andare da lei con due coppie d'uova: una per fare la chiarata con la stoppa e il chiaro d'uova e l'altra era il ricompenso del lavoro svolto. In quel mese che Emma dovette stare con il braccio al collo tutti in casa si accorsero quanto fosse stata utile e naturalmente cessò lo scherzo del cane."

lunedì 10 dicembre 2012

Se non ho contato male i Pardini, maschi, femmine, piccini e grandi erano in corte Fibbiani, nel 1935, 54 (cinquantaquattro) e qualcuno era in America. Era così diffuso questo cognome nelle corti di Sant'Anna, zona nord particolarmente, che dovettero intitolare una via, giusto via Vecchi Pardini, e anche corte Pardini (che erano due corti in effetti). Ma qualcuno mi sa dire da dove è venuto il nome Fibbiani? non certo da un cognome, forse da un luogo di provenienza?, forse da un mestiere? Il mistero permane.

domenica 9 dicembre 2012

La moglie di Tonio, Boschino, si chiamava Guidotti Maria, di Turrini ce ne sono cinque: il capofamiglia, Angelo q.Giuseppe, nato nel 1870 (Roma capitale!), i figli Sabatino Foresto, Tranquillo, Adriano e c'è Giorgina, figlia di Sabatino e di Del Sarto Zelmira. Compare la seconda Guidotti, Gemma, moglie di Americo Pardini che hanno tre figli: Amedeo del 1911, Agostino del 1912 e Enzo del 1914. Ci sono due Giorgi, Giorgio e Donello che ha sei anni, e una Rossini, precisamente Uliena, nonna di Patrizia; una Ricci, Virginia, che era moglie di Truccio: una Dal Pino, Albertina e una Casini, Giovanna, che, sposate con due fratelli Mencacci, hanno in tutto nove figli. Sono 12 Mencacci perché è sempre vivo il capostipite Giuseppe, nato nel 1869. Il mio cognome non compare ancora, mio padre comunque abitava poco distante, in corte Bonturi.

venerdì 7 dicembre 2012

I Lorenzetti sono tre, Odolino (stava a Fibbiani!) e due figlie, Mariella di un anno e Lia, nata nel 1936 e aggiunta dopo. La moglie di Odolino si chiamava Baiocchi Norma. Altro cognome, Del Bianco  è quello della madre di Umberto Torselli, Isola, che morirà di lì a poco ma aveva avuto la compagnia della nipotina Carla per otto anni. C'è una Bonturi (cognome della mia nonna Virginia) soltanto ed è sposata con Pardini Pietro, insieme hanno una figlia, Severina, nata nel 1886 e abitano insieme alla famiglia Lenzi: ecco chi era Severina!, era la madre di Edilia, mentre il padre era Lenzi Luigi che aveva avuto altri due figli: Ferdinando e Giovanna.
Il cognome Pardini non è sottolineato perché il più presente in assoluto, poi proverò a contarli...continua

giovedì 6 dicembre 2012

Di Chelini ne compare uno, precisamente Arturo che era nato nel 1888, Cagnacci era Maria la Ficca, madre di Dantina e Fedora e di Pietro il primogenito di cognome De Luca, due sono i Luporini. Angelo, marito di Fedora e padre di Liana che aveva tre anni, di Campi ce n'è uno, il mio zio Orfeo, come due sono i  Giuntini, Giovanni che era il secondo marito della mia nonna Maria Lucchesi e Ines, la figlia che sarà mia madre. C'è Baroni Carlo e sua figlia Faustina con la madre che faceva Graziani di cognome e Stella di nome. Poi ci sono Angela vedova di Michele Bergamini, i suoi tre figli, Giuseppe, Paolino, Vittorio, una nuora , Fambrini Delfa e il figlioletto Michele avuto da Vittorio. I Cecconi sono sei, Tosca, Adele, Alfredo, Orlando e Bruno, il primogenito che è sposato con Giorgetti Giovanna. I Franchi sono quattro: il padre Eligio, i figli Roberto, Enzo ( penso sia il padre di Bernardetta) e Franca: la madre si chiamava Sbragia Giuseppina, un altra figlia di Eligio, Elza risulta sposata con Davini Eugenio e vive in un'altra casa...continua

mercoledì 5 dicembre 2012

Ci sono nella lista cognomi che compaiono una o poche volte, rari per la corte: Pera Elvira, moglie di Pardini Michele fu Giocondo, aveva 5 figli ( il primogenito, Gino, nato il 10 giugno 1903, era in America) e una nipotina neonata, Petrella Maria, anche questo cognome compare una volta, nata dalla figlia Italia.
Marchi Rosa era nata nel 1856 e faceva la maestra, morì nel 1935. Minucciani Dina, nata nel 1886, moglie di Pardini Pietro, zio di Lucia Rosa, Rossi compare due volte, Fosca, madre di Lucia Rosa e Aurelio, nato nel 1891, padre di Lido il barbiere. Serafini Paolo, nato nel 1873.  Lippi Ester, vedova di Martinelli Maurizio che viveva con i figli Angelo, Luciano e Giuliano e con la nuora Marconi Antonietta. Peschiera Carlo fu Gervasio con 4 figlie e 2 figli; la moglie era Matilde Vannucci, cognome che compare due volte perché c'è anche suo fratello Italo che era marito di Emma e insieme a loro viveva ancora la madre di Matilde che si chiamava Vincenza Ferrini ed era nata nel 1847....continua
Come si vede di vie ci sono solo quelle principali, Sarzanese e Pisana, un accenno al Bersaglio e al Tirassegno; importanti erano le corti e le località in una zona dedicata alla coltivazione dei campi.
E ora voglio indicare i cognomi, le casate, e naturalmente si inizia da Pardini, quello più presente in assoluto, Pera, Petrelli, Minucciani, Rossi, Serafini, Giusti, Lippi, Martinelli, Marconi, Peschiera, Vannucci, Barsotti, Ferrini, Chelini, Cagnacci, De Luca, Luporini, Lucchesi, Campi, Giuntini, Baroni, Graziani, Bergamini, Fambrini, Cecconi, Giorgetti, Franchi, Sbragia, Davini, Lorenzetti, Baiocchi, Del Bianco, Torselli, Bonturi, Lenzi, Guidotti, Turrini, Giaconi, Del Sarto, Giorgi, Rossini, Ricci, Mencacci, Dal Pino, Casini.

martedì 4 dicembre 2012

Lo "Stato delle anime" del 1935, cioè l'elenco delle famiglie residenti nella parrocchia di S.Anna, inizia con la famiglia del parroco, Giannini dott. Girolamo, che viveva con la sorella Elvira e con il padre Giovanni e prosegue con altre quattro famiglie senza indicazione della località, certo era nei dintorni della chiesa. Poi le famiglie sono elencate a seconda dei luoghi: Porta Vecchia, via Porta Vecchia, Cimitero, Piagge, corte Millo, via Cavalletti, corte Lenzi, corte Fantoni, Gallina, a Goccino, a Meassino, corte Pettinati, corte Ciocco, corte Bonturi, via del Bersaglio, via del Tirassegno, via Sarzanese, Chiesa e case vicine, Chiesa case nuove, corte Venturi, Posta, Posta e Masini, corte Masini, Trippa, Boboli, corte Brillo, corte Pardini, corte Fibbiani, corte del Magro, corte Pistelloni, Palazzaccio, corte Sandorini, un'altra corte Bonturi, Patacchi, corte Landucci, corte Occhino, corte Massoni, corte Orsolini, corte Dovichetti, al Cinquini, Piaggetta, corte Martinelli, corte Baciali, corte Nardoni, a Franchini, Deposito tram, Scambio, Maestresi, Micheloni, presso Boccaccia, Boccaccia, corte Bardelli, corte Capanne, al Chiasso, corte Ramacciotti, corte Cello e Moni, fra Cello e Marchi, via Pisana, corte Marchi case nuove, corte Buchignani, al Nannini, Cagnacci, via S:Donato, Puccetto.  Numero 4000 anime, firma il sacerdote Francesco Massoni che prende il posto del parroco Giannini deceduto.

lunedì 3 dicembre 2012

Certo non intendo fare una ricerca seria, solo dare qualche dato, verificare le presenze e le mancanze ma non posso non dirvi quanta vita c'è in un foglio di archivio: io forse sono un pò fissata con i documenti, con quei fogli di carta ingiallita che hai paura a toccarla ma è grazie a quei posti così poco frequentati che ho potuto ritrovare qualcosa del mio nonno paterno, Sem Paradisi e anche tanta altra ricchezza tenuta con cura in scaffali polverosi e preziosi. Solo grazie ai documenti, in questo caso quelli di un archivio parrocchiale, si può risalire indietro nel tempo e riscoprire posti e persone che non ci sono più ma che hanno caratterizzato la nostra vita. Così, ad esempio i nomi delle corti di S.Anna e le varie località che avevano tutte un loro significato. Domani ne indicherò alcune.

domenica 2 dicembre 2012

Quasi tutte quelle persone nel 1935 abitavano in corte, non tutte, qualcuno doveva ancora venire, altri si saranno spostati, le tre case a sud est non c'erano ancora, saranno state costruite dopo la guerra, già, la guerra, solo dopo cinque anni iniziò e chissà come avrà trattato quel piccolo posto. Di qualcuno lo so dai racconti dei miei genitori perché bambini e bambine del dopoguerra sapranno tante storie, raccontate da nonni e padri e madri e zii.
Alcune persone non le ho conosciute, quei cognomi non li ricordo, come Serafini, Bergamini, Fambrini, Cecconi, tanti erano nati nella seconda metà dell'Ottocento; le nostre future mamme erano signorine (ad eccezione di Fosca, che era già sposata con Giorgio e aveva un bambino di nome Sergio) ed abitavano in corte con le famiglie: Ines, Assunta, Lida, Elia, Liana che era piccina ma si sarebbe sposata giovanissima. Mancava Gina di Grazia, Irene di Bernardetta, Nazarena di Laurina.

sabato 1 dicembre 2012

E conoscere i nomi di tutte quelle persone e sapere che in quell'anno vivevano lì, in quelle case che ho, dopo tanti anni, visto giorno dopo giorno, dove sono entrata a salutare, a giocare, a pregare, a ballare, a studiare è per me una cosa bellissima, mi congiunge al passato e crea quei fili tra le persone, quella rete che non si spezza nemmeno dopo tanti anni, che resiste nonostante i lunghi distacchi, anche se albe e tramonti si sono visti da altri posti, da altre case. L'alba, il sole che nasceva, lo vedevo dalla finestra della camera dei miei fratelli e illuminava, in lontananza un pioppo altissimo e frondoso che poi tagliarono, il tramonto a seconda della stagione inondava la corte di un colore dolcissimo, una spennellata di arancio-rosa che ti sorprendeva e ti calmava prima della sera. Ora ad est e a ovest palazzi alti brutti e belli rendono più alta la linea dell'orizzonte e così il sole esce dopo e si nasconde prima. Una perdita, ragazzi.