giovedì 31 maggio 2012

La terza casa era abitata dal Frati e dalla sua famiglia colpita presto dalla morte della giovane moglie, Assunta. Ero molto piccola ma ricordo il giorno del funerale, un silenzio e un tempo sospeso. Due figlie erano il frutto di quel matrimonio: Marisa, più grande e presto fidanzata e Paola, rossa di capelli, con la pelle bianca, delicata e cosparsa di lentiggini. In casa viveva anche il nonno Tonio, chiamato Boschino. Davanti alla porta d'ingresso uno scalino abbastanza alto ci ha visto spesso sedute a guardar le stelle mentre Paola aspettava che sua sorella preparasse il caffè dopo cena: quando arrivava da sopra il rumore delle tazzine e dei cucchiaini saliva le scale dicendo: Sento "schiccherà".

mercoledì 30 maggio 2012

Sempre a filo ma separate da uno stradello sterrato vengono ora una prima serie di case, quattro in tutto.
Quella del Torselli, lo sentivo sempre chiamare per cognome, ben vestito, simpatico, che lavoro facesse non lo so, la Meri, sua moglie, vista sempre bianca di capelli, delicata di salute (mia madre diceva che era stato il parto ma chi stava sempre come un bicchierino sciacquato campava cent'anni e moriva se voleva) e Carla, l'unica figlia, più somigliante al padre, sartina che lavorava in una stanza all'ultimo piano.
Quella di Edilia, unica abitante di una grande e bella casa con una cucina sul retro diversa dalle altre della corte, signorile si diceva; una bella scala portava alle camere e al bagno. Per un certo periodo, ma ero già grandina, al secondo piano abitò la famiglia del Giannoni, Teresa, la moglie, e due figli: Anna Maria e un maschietto che nacque proprio lì. (Mi ha detto Lucia Rosa che il Torselli era falegname e che per un certo periodo aveva avuto un casottino nella parte di corte davanti alla sua casa; il Torselli si chiamava Umberto ma anche la Meri, sua moglie, lo chiamava per cognome). La Meri e il Torselli erano zii di Lucia Rosa.

lunedì 28 maggio 2012

Attaccata ad ovest la casa di Adolfo (Naso) e della nuora Leda  rimasta troppo presto vedova di Carlo, falegname, che non tornò a casa una sera, scaraventato con la sua Lambretta in una fossa. Leda aveva un figlio piccolo, Beppino, e lavorava alla Cantoni; Adolfo era contadino e ancora da vecchio coltivava verdure nei campi tra la Fossa e il  Fossetto e le preparava con cura sul suo carrettino insolito, a tre ruote, per portarle al mercato. Si entrava in casa da una grande porta che immetteva in un salone quasi sgombro: a destra si andava in una saletta e nella cucina, sopra c'erano le camere. Una stanza a nord era una stalla dove ho visto conigli e porcellini d'India, forse prima ospitava anche mucche. In cima alla casa una finestra senza infissi aveva fatto da capanna per il fieno. Davanti casa l'orto, chiuso da una rete e, a lato. un pratino col pozzo, inutilizzato da tempo. Ricordo il grosso arbusto delle ricotte e i fior dall'ovo profumati e da succhiare.

La seconda e la terza fila di case erano separate da via Vecchi Pardini che dal Cantone arrivava fino a Pistelloni passando vicina a Pannero e traversando il Magro.
La terza fila era la più a nord: dietro, campi, la Fossa, ancora campi in gran parte lasciati a fieno ma anche lavorati a orto, poi il Fossetto. le pioppete e il fiume.
Comincio dalla capanna di Elvira, una capanna che era quasi una casa, tenuta in ordine, con due porte, a sud e a ovest. Di fianco alla porta sud un bellissimo fico d'India, due i fichi d'India nella corte, questo e quello di Arturo e Italia. Un breve chiassetto separava la capanna dalla casa di Elvira che era abitata da tre famiglie: quella della proprietaria con il marito Lorenzo (presto uscito dal mondo e poco conosciuto) e la figlia Mariangela, era molto frequentata, però, dalle due figlie maggiori Loda e Anna con i mariti e le figlie. Elvira e Lorenzo avevano un figlio, Alfonso, emigrato in America, un bellissimo ritratto era attaccato a una parete della cucina.
Un'ala intera della casa era abitata da Irene, il marito Enzo e la figlia Bernardetta; una buona parte del secondo piano da Nazarena, Nilo e i figli Laurina e Giuseppe.
Un edificio grande con due porte principali ad arco e, davanti, una bella aia di pietra grigia dove ho visto la macchina del grano in azione, polvere, pula, gesti e parole di uomini e donne sudati e luci nella notte, più fresca per lavorare, la finestra della mia cameretta era proprio davanti all'aia di Elvira.
Sullo scalino di una di quelle porte ad arco mi ritrae una foto: sorridente, con il vestito di organdis della prima comunione, ma uno o due anni dopo, quando il mio corpo era ancora esile per indossarlo ma le gambe scoperte fino al polpaccio.

domenica 27 maggio 2012

Traversata via Boboli c'era una villetta circondata da un giardino: era la casa del Magni. Non sempre era abitata, ho pochi ricordi dei due coniugi che erano stati all'estero (commercianti di qualcosa), si parlava di Egitto e di America. Tre figlie grandi, Maria che vedevo di rado ed era già sposata, Tonina, bellissima, si sposò con un pisano e nel suo abito da sposa somigliava a Romy Schneider in Sissi, Adua simpatica nel suo parlare un pò strascicato. L'ultimo era Antonio, di soprannome Neo, moro, furbo, dell'età dei miei fratelli.

sabato 26 maggio 2012

L'ultima di questa fila che delimitava il lato nord-ovest della corte tra via Boboli e via Vecchi Pardini era la casa di Matilde e suo marito Carlo, due vecchi coniugi. Il figlio Vittorio quando si sposò con Ilva si spostò di poco: dovette soltanto traversare la corte. Con loro per molti anni visse la bella nipote Rossana. Con loro c'era Emma che serviva in casa. La porta d'ingresso dava su una sala che, a maggio, si riempiva di rose e di gente della corte: nel pomeriggio inoltrato si faceva il Maggetto. Il sole ancora alto e le bimbe già leggere di abiti e con gli zoccoletti, qualcuno recitava litanie e noi rispondevamo con altre. In questa casa, in tempi diversi, più o meno lunghi hanno abitato anche alcune figlie di Matilde, Margherita, Carla, Marina. Margherita per qualche anno anche col marito Ravero, un vero tipo.

venerdì 25 maggio 2012

E ora arriva la casa più singolare, per me singolare, quella di Arturo e Italia. Per entrare bisognava salire una scala con terrazzino e su quegli scalini salivamo a dominare i giochi della corte. Alla base il bellissimo fico d'India che tante volte ci ha punto la pelle di mani e gambe. Per un certo tempo davanti alla casa ricordo un pollaio che veniva smontato in occasione della processione del Corpus Domini, poi venne tolto per sempre. I figli dei vecchi coniugi erano adulti e sposati, forse mai veduti, non ne ricordo uno.

giovedì 24 maggio 2012

Più piccola delle già piccole case, mia e di Dantina, era quella di Pia. Pia e Vilsonne (anche Vilsone), due vecchi coniugi perduti presto ma non scordati; la figlia Nara, bellissima, alta e bionda vi abitava col marito, il Giacoli, e tre figli, Lilia, Piera e Alfredo e non so, adesso, come facessero in sette a stare lì. Ricordo che per un certo periodo il pavimento della cucina, appena si entrava, era di terra battuta. Pia era alta e mora, curava i porri sulle mani e gli orzaioli agli occhi con gesti e parole. Questa casa, come le prossime tre, aveva una sola porta d'ingresso, a sud. A nord i muri delle quattro case confinavano con la strada sterrata, via Vecchi Pardini.

mercoledì 23 maggio 2012

Come la mia, anche la casa di Dantina era più alta dal lato nord e tre scalini si scendevano per entrare in cucina; avanti la sala con un bel sofà e tante sedie dove le donne, in inverno, in circolo, si scaldavano, un braciere di carbonella nel mezzo, mentre ricamavano e raccontavano le cose, anche a noi bambine che entravamo a ripararci dal freddo e dalla pioggia (le porte aperte a tutti erano nella corte). Sopra, una specie di salottino buono e la camera matrimoniale dove Dantina è morta a pochi mesi dall'operazione; altri scalini e la camera di Alga, figlia della nipote Liana.
Nella piccola corte sul retro, una fogna chiusa da un tappo rotondo, che ho visto aperto quando vi venivano buttati gattini appena nati (hanno gli occhi chiusi, non sentono niente, ci dicevano).
Quando ero molto piccola, in questa casa viveva anche Maria la Ficca e Piccirella, una cagnetta già vecchia.

martedì 22 maggio 2012

Ed ecco la casa di Dantina (Pelo) e Alberto (Pancio) due sposi senza figli: una volta Dantina raccontò di un aborto non riconosciuto, forse la causa anche delle sue gambe gonfie. Capelli rossi e faccia aperta, sorridente, il rossetto e la dignità nel vestire, ricamava per un celebre negozio di Lucca e dava alle donne della corte parte del lavoro: lenzuola, tovaglie di stoffe pregiate che, pronte, stirava con un ferro a vapore, insolito a quel tempo. Che avesse fatto e facesse Alberto non so, anche lui allegro, a volte litigioso. Il gabinetto non era in casa, come in altre case della corte, era nella stalla del chiassetto e, quando fu ricavato da una stanza al secondo piano, Dantina era già malata e operata e non poté usarlo, era la cosa di cui più si rammaricava mia madre: Non ha potuto neanche sfruttare il gabinetto. (continua)

lunedì 21 maggio 2012

Poi mio padre vinse alla "Sisa", al totocalcio: un 12 realizzato insieme all'amico Romeo, il calzolaio, si ricordava spesso la sua entrata in bicicletta nel bar Carubbi urlando di gioia per la vittoria. Così la casa fu ristrutturata e sparirono le vecchie scale di legno, avevo poco più di tre anni. Durante i lavori dovemmo spostarci da casa e andammo a Coreglia, la mia prima e ultima villeggiatura dell'infanzia (poi ci sarà occasione di parlarne). Comunque era così la casa di corte Fibbiani: al piano terra esposto a nord e più alto del livello sud (tre scalini in tutto) un piccolo ingresso aperto a est dalla porta di un gabinetto (il comodo), davanti la sala e tra le due stanze le scale che portavano alla cucina e alla camera dei miei genitori, altre due rampe di scale e le due camere, una dei miei fratelli e la mia. Prima della ristrutturazione quella che diventerà la mia cameretta era una specie di ripostiglio e nella stanza dei miei fratelli ci pioveva: ricordo mio padre disporre tinozze sotto le falle del tetto.

domenica 20 maggio 2012

Adesso, attaccata alla casa di Primetta a nord e a quella di Lido a sud c'è proprio la mia casa: In cinque dentro per tanti anni. Mio padre Eolo, mia madre Ines, i miei fratelli Alfonso (Lolle) e Pier Luigi (Gigi) che avevano anche altri soprannomi ed io.
Io sono nata, però, in un'altra casa dove ho vissuto forse uno o due anni: sempre a S.Anna, vicino al passaggio a livello di S.Donato, corte Puccetto, ancora qualcosa mi spinge verso quel luogo, la corte ancora esiste. Troppo poco sono stata in quella corte e invece tanto a Fibbiani: piano terra, primo e secondo, due stanze per piano uniti da scale con ringhiera: prima, ero molto piccola, una scala di legno incassata tra muri portava dalla cucina alla camera dei miei fratelli e a un locale che sarebbe diventato la mia cameretta; ho il ricordo di una madia e, accanto, l'inizio di quelle scale che raramente salivo ma di cui posso sentire ancora il rumore sordo e caldo quando venivano calpestate. (continua)

venerdì 18 maggio 2012

La casa adiacente che aveva la porta a nord, sulla strada, era abitata da Guido e Teresa con i figli Primetta e Dino. Guido era pelato, pelle chiara, da rosso, le zanzare lo mangiavano d'estate, era sorridente e grassoccio; Teresa aveva un bel viso che tentava di preservare dalla vecchiaia, camminava ondeggiando come una persona con l'anca in cattivo stato, era molto tutelata dalla figlia Primetta che l'ha tenuta come un fiore fino alla morte e non si è mai sposata nonostante la sua bellezza. Dino si sposò con Luigina, timida e di poche parole e andò ad abitare a due passi, sul lato est del chiassetto, nella casa che descriverò dopo questa. Dino era alto e grosso, con bei baffi, lavorava al Manicomio di Maggiano, comprò una cinquecento e non so ancora come facesse a entrarci.

giovedì 17 maggio 2012

Dava sul chiassetto e non prendeva quasi mai il sole la casa dove abitava Beppa, donna sola con un figlio che educavano in un istituto perché lei era al servizio di qualche famiglia; donna allegra, sorridente e piccolina. Per un certo periodo abitò con lei anche un fratello. Il figlio lo cominciammo a conoscere da grandicello, poi se ne andarono in un'altra casa vicino allo stradone lasciando quel posto buio e pericolante.

mercoledì 16 maggio 2012

Comincia quindi un'altra fila di case e la prima. a est, è grande e bella e quasi subito recintata, la prima casa che fu chiusa da muretto e cancello, ricordo ancora quando non lo era: ci giravamo intorno giocando a rimpiattino, da est a ovest e da ovest a est, una volta la mia testa e quella di un altro bambino si scontrarono ma la carta paglia sulla fronte aggiustò presto le cose. Questa era la casa di Lido, il barbiere di S:Anna, un negozio sullo stradone, un negozio pulito e profumato dove sono entrata raramente, solo i maschi entravano a farsi i capelli e i più grandi la barba. Per Natale ricevevano in regalo un calendarietto profumatissimo con immagini di belle donnine, lo odoravo deliziata. Non ricordo la moglie (la madre era forse la vecchia signora col naso sciupato da una malattia?) né i figli, se ne avesse avuti. Per un breve periodo abitarono con loro dei parenti che avevano due figlie, Graziella, già grande e Lauretta della nostra età; aspettavano che fosse pronto un appartamento e dopo poco tempo vi andarono ad abitare. La casa aveva l'accesso dal chiassetto e aveva una sola porta d'ingresso a sud.

domenica 13 maggio 2012

Adiacente, la casa di Gina della pompa, il marito e due figli grandi, Renzo e Vera. Ricordo Gina alta, grossa e affaccendata, non so cosa facesse il marito. Renzo è un uomo molto curato e elegante, rosso di capelli e sposerà una bellissima donna: adesso entrambi vivono in quella casa ristrutturata. Vera è morbida e grassoccia, capelli neri sempre ben acconciati, cuce in casa, si sposerà abbastanza tardi, per quei tempi, lasciando la corte per non so dove.

Qui termina la prima fila di casa situata a sud. Ora viene il grande spazio sterrato sul quale sono accadute tante cose della nostra vita: i giochi, gli amori, le litigate, le sbucciature delle ginocchia; viene lo spazio assolato che ha determinato il nostro crescere di bambine e bambini nati nei primi anni del dopoguerra.
Casa alta: in cima, due stanze e un ballatoio, ci stava Grazia, figlia unica di Gina e Beppino, chiamato Tomaia, tuttofare della Lucchese, piccolino, simpatico, ironico. Gina va alla Manifattura, è una donna grande, alta, curata, sa di rossetto e varichina; Grazia è piccolina (Grazzina, ma non lo vuol sentire), magra con due grosse trecce che ordinano una capanna di capelli color tiziano.Un acquaio, nella cucina che si allarga in un salotto ordinato e pulito, non ha lo scarico e l'acqua viene inviata a un secchiello che va portato in corte e svuotato.
Il piano terra e il primo erano abitati da Vittorio e Ilva, sposati dopo un lungo fidanzamento e che misero al mondo due figli, Luciano e Luca, solo il primo ha giocato un pò con noi, Luca era troppo piccolo. Vittorio allevava e guardava cani, da caccia penso, lo ricordo sempre accompagnato da loro e anche gli ultimi suoi anni di vita, annebbiato da una malattia che taglia i ricordi ha comunicato con i suoi cani. Ilva faceva di tutto, in casa non soppravviveva un filo di polvere, il mangiare pronto e diversificato a tutte le ore, cuciva come quasi tutte le donne, allora, ed era brava a far punture. Con loro, fino alla morte, abitò Nella, madre di Ilva e sorella di Gina, anche lei era stata sigaraia, era alta, imponente, curatissima e profumata, parlava con voce sorridente e bassa, era quasi completamente sorda.

sabato 12 maggio 2012

Poi viene la casa della mia amica Luciarosa: Fosca, la madre, altera e decisa, Giorgio e i figli Sergio, già adulto e presto sposato e Luciarosa, la piccola, molto guardata. Da una porticina si entrava nel corto corridoio che portava, sulla sinistra, in cucina, in avanti al salotto dove ho qualche ricordo di Giorgio. Dalle scale si raggiungevano le camere, in cima quella di Lucia. Sulla facciata della casa che dava a nord e che insisteva sulla vera corte si mettevano i paramenti rossi e dorati e un grande crocifisso quando passava la processione del Corpus Domini, sotto il crocifisso un altare pieno di fiori e candele e a tutte le finestre delle case tappeti rosso scuro. Il percorso della grande processione era segnato da una fiorita.

venerdì 11 maggio 2012

Nella cucina sud e, naturalmente, in qualche stanza al primo piano abitavano Dina e Pietro (forse tra i più vecchi della corte). Così mi sembravano, i più vecchi della corte, certo i più insofferenti ai rumori e alle grida di noi bimbi che l'abitavamo notte e giorno (solo d'estate costretti nelle camere a far finta di dormire nelle ore più calde, non capivamo il perché) e i giochi si susseguivano senza sapere chi li aveva iniziati, sfilavano durante il giorno così semplicemente, davano loro il tempo a quel tempo senza ore, bloccato solo dai richiami delle mamme per mangiare, per noi quasi superfluo e da far presto per uscire ancora, quasi soffocassimo nelle piccole stanze delle case.

giovedì 10 maggio 2012

Subito accanto due famiglie si dividevano l'altra casa attaccata: nella cucina a nord la famiglia Viscardi, padre, Gianni, madre, Elena e due figlie, Enelita, mia coetanea e Rosaria, più piccola: l'una olivastra di carnato, scuri gli occhi e i capelli, spigolosa nel fisico, l'altra bionda, rosea e tondettina. Elena sorridente e delicata, elegante e cortese, il padre poco lo ricordo (che lavoro faceva?) ma bello anche lui e sorridente. A un certo momento se ne andarono a Milano e rividi Enelita una sola volta dopo qualche anno, trasformata.
Adiacente al muro che circondava lo strano cortile era una casa alta, le ultime finestre senza infisse né vetri, dove abitavano, finché non si trasferirono in un'altra casa a nord della corte, Dora, il marito e due figli grandi, Maria Gemma o Memma e Donello, belli ambedue. Nella stanza a sinistra dell'ingresso madre e figlia facevano le pettinatrici e quella era l'unica stanza della casa che frequentavamo.

martedì 8 maggio 2012

La casa di Enrico, il lattaio, rimaneva separata dalle prime tre da un piccolo prato e da un muro nel quale si apriva una grossa porta e, superatala, ci si trovava in un cortile interno coperto o semicoperto (comunque buio, la luce veniva giusto dall'apertura opposta); si poteva altrimenti fare il giro della corte e raggiungere l'altro spazio all'estremo sud dove si affacciavano le seconde porte delle case. Anche questa una casa nuova, penso, poco conosciuta. Enrico aveva una moglie rotondetta e sorridente, Beppina, una figlia, Enrica, che studiava da maestra e un figlio di nome Piero.

lunedì 7 maggio 2012

La terza di queste case che avevano serrande alle finestre era abitata da Marina e Lamberto con due belle figlie diverse fra loro: la più grande, Marisa, è alta, un pò scura di pelle, atteggiamento indipendente e poco socievole, a dire il vero; la seguiva di qualche anno Grazia, bionda e chiara di pelle come la madre e sempre sorridente. Non hanno mai giocato con noi, avevano oltrepassato quel confine che separa la bambina dalla ragazza e anche la casa non favoriva l'incontro, scostata dalla corte di pochi metri che forse bastavano a isolarla.

domenica 6 maggio 2012

Nella seconda casa abitavano Giovanni e Luisa con i due figli Alberto e Aleandro. Luisa era alta e robusta, fortemente miope portava occhiali dalle lenti spesse, non aveva molti rapporti con le donne della corte, con mia madre abbastanza. Alberto (noi si chiamava Albertone) era robusto e piuttosto zitto: una volta stava schiacciando noci su un acquaio di marmo lasciato in terra da chissà chi ed io gliene chiesi un pezzetto. "Metti la mano qui", io ce la misi e lui mi schiacciò due dita col martello. Aleandro era più piccolo, occhi chiari, capelli neri e dai maschi veniva chiamato Gobbatrice II perché Albertone era detto, non ne ho mai saputo la ragione, Gobbatrice I. Davanti casa un grosso melo produceva "le meline", spesso le rubavamo: sapore mai dimenticato.

venerdì 4 maggio 2012

Ecco le case.
Da sud-est a sud-ovest.
Tre case  furono senz'altro aggiunte alla corte in un secondo tempo: non ne avevano lo stile.
La prime due erano abitate da due fratelli con le loro spose e due figli ciascuno.
1) Famiglia Giuntoli: padre, madre (Vanda), due figli, Fabio e Anna Maria. Erano arrivati forse nei primi anni sessanta. Vanda lavorava alla Manifattura Tabacchi, era piccola, sempre in ordine, il marito, alto e allegro era carabiniere, se non mi sbaglio, frequentava poco la corte e non ne ricordo il nome. I bambini per una o due estati, al mattino li guardava mia madre, ricordo che Vanda le lasciava il desinare in appositi contenitori. Non rimasero molti anni nella corte.

giovedì 3 maggio 2012

E ancora Ravero, Margherita, Eugenio che abitavano in corte; e quelli che ci capitavano, ci passavano: Minerva, Clorinda, il Moro, Gennarino, il Merciaino...Contatele voi tutte quelle persone che hanno vissuto, amato, penato nella mia corte, per me sono rimaste lì come in una grande fotografia di gruppo, una foto un pò sfocata ma a colori, ripresa dall'alto, con il sole che inizia a tramontare e manda una luce forte e obliqua sui loro volti.

mercoledì 2 maggio 2012

I nomi, quasi tutti.
Ecco i nomi delle donne:
Vanda, Luisa, Marina, Marisa di Marina, Matilde, Marisa di Paola, Grazia, Dora, Gemma o Memma, Dina, Fosca, Nella, Ilva, Gina e Gina della pompa, Italia, Vera, Matilde, Emma, Rossana, Annita, Italia, Pia, Nara, Dantina  o Pelo, Ines o Tamò,  Primetta, Teresa, Irene, Elvira, Loda, Leda, la Meri, la Geni, Carla, Edilia, Assunta, Dora o la Tintina, Luana Franchina, Tonina, Adua, Lida, Iolanda, Bruna, Elia, Uliena, Zelinda, Albertina, Nazarena.
E noi più piccole: Virginia detta Mimma o Coccolò Virginia detta Giggia, Alga (la pitela), Rosanna, Renza, Patrizia, Grazia o Grazzina, Lucia Rosa, Enelita, Bernardetta, Laurina.
E i maschi: Adolfo (Naso), Tonio (Boschino), Achille, Giorgio, Donello, Lorenzo, Enzo il marito di Irene, Nilo, Carlo e Carlo (Pipone), Vilsone o Vilsonne, Castruccio, Umberto il Torselli, Felice, Giulio il Gigliucci,  Truccio, Amedeo, Achille, Vittorio, Arturo, il Giacoli, Pancio, Eolo, Aurelio, Giovanni (marito di Luisa), Lamberto, il Frati, Leonetto, Giorgio, Pietro, Beppino di Gina, il Magni, Antonio (Neo), Francesco e Michele, Giampiero e Claudio, Sandro, Beppino di Leda, Alfonso (Lolle), Pierluigi (Gigi), Dino, Alberto (Albertone o Gobbatrice) e Leandro (Gobbatrice II)... continua.

martedì 1 maggio 2012

C'erano nomi antichi nella corte, nomi insoliti, belli, eleganti che definivano e  rendevano unici: rare le persone con il solito nome e allora si faceva un'aggiunta al nome per distinguerle: una era Gina, l'altra Gina della pompa.
E c'erano quasi per tutti i soprannomi, vere perle di ironia e di attenzione alla storia e alla vita degli abitanti della corte che condividevano uno spazio e un tempo.