lunedì 28 maggio 2012

La seconda e la terza fila di case erano separate da via Vecchi Pardini che dal Cantone arrivava fino a Pistelloni passando vicina a Pannero e traversando il Magro.
La terza fila era la più a nord: dietro, campi, la Fossa, ancora campi in gran parte lasciati a fieno ma anche lavorati a orto, poi il Fossetto. le pioppete e il fiume.
Comincio dalla capanna di Elvira, una capanna che era quasi una casa, tenuta in ordine, con due porte, a sud e a ovest. Di fianco alla porta sud un bellissimo fico d'India, due i fichi d'India nella corte, questo e quello di Arturo e Italia. Un breve chiassetto separava la capanna dalla casa di Elvira che era abitata da tre famiglie: quella della proprietaria con il marito Lorenzo (presto uscito dal mondo e poco conosciuto) e la figlia Mariangela, era molto frequentata, però, dalle due figlie maggiori Loda e Anna con i mariti e le figlie. Elvira e Lorenzo avevano un figlio, Alfonso, emigrato in America, un bellissimo ritratto era attaccato a una parete della cucina.
Un'ala intera della casa era abitata da Irene, il marito Enzo e la figlia Bernardetta; una buona parte del secondo piano da Nazarena, Nilo e i figli Laurina e Giuseppe.
Un edificio grande con due porte principali ad arco e, davanti, una bella aia di pietra grigia dove ho visto la macchina del grano in azione, polvere, pula, gesti e parole di uomini e donne sudati e luci nella notte, più fresca per lavorare, la finestra della mia cameretta era proprio davanti all'aia di Elvira.
Sullo scalino di una di quelle porte ad arco mi ritrae una foto: sorridente, con il vestito di organdis della prima comunione, ma uno o due anni dopo, quando il mio corpo era ancora esile per indossarlo ma le gambe scoperte fino al polpaccio.

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