domenica 24 febbraio 2013

Il merendino

L'erba fresca e ben asciutta
da giornate di buon sole
e di vento ballerino
ci portavano a chiamarci
per andare al merendino.
Si passava dalla fossa
e si andava verso il fiume
lì nei prati sopra gli orti
si posava la merenda che la mamma preparava
e dapprima si giocava.
Importante era giocare
non mangiare la merenda,
dammi qui le mani su
gira gira a testa in su.
Poi stordite da quei giri
ripetuti e più veloci
si cascava dentro l'erba
bassa ancora e assai odorosa:
ecco allor le margherite
messe dentro la sottana
che infilavi con le dita
per un anello, un bracciale, una collana.
Ora che sembravamo proprio
tante belle signorotte,
con gioielli falsi, è vero,
ma lucenti anche di notte
si faceva finta che
a qualcuna piacesse il tè.
Si chiamava il maggiordomo
che l'offrisse nel salotto,
noi sedute sui divani
parlavamo a gesti strani
e di figli e di mariti
e di giri per il mondo:
ma era meglio un girotondo!
o osservar le chioccioline
che vicine alle fossette
camminavan piano piano,
 noi le prendevamo in mano
e con tono dolce dolce questi versi cantavamo:
-Chiocciola chiocciola marinella
tira fuori le tue cornella
sennò t'ammazzo!-
e toccavamo le cornella
che sparivano veloci
ma nessuna di noi, lo penso,
dava a " t'ammazzo" il suo vero senso.

sabato 23 febbraio 2013

Stamani

Che brinata, ragazzi, stamattina,
ha gelato anche l'acqua alla gallina,
sì, la gallina, una sola nel pollaio
messo lì nel mio orto, ritto,
come potrebbe averlo fatto Pippo.
Pippo sì, compar di Topolino
(che lo conosce bene ogni bambino).
Pochi di noi leggevan Topolino
ma in casa c'era qualche giornalino:
Capitan Michi, Tex, il Vittorioso,
l'Intrepido, il Monello
per fare un giorno di pioggia più bello.
E quante storie, quanti personaggi
che a dire il vero erano più adatti
ai maschi che alle femmine, mannaggia.
Ma qualche femmina pur sempre si trovava
anche se non contava e non spiccava.
I maschi eran quasi tutti eroi
ma piacevano tanto pure a noi.
Devo dire che il buon Pedrito el Drito
mi garbava davvero:
i baffi, il cappellone, un pò sbruffone
ma poi prendeva sopra il suo groppone
le bastonate date dalla moglie
che di cucina col suo mattarello
gli levava il sorriso e pur le voglie.

giovedì 21 febbraio 2013

Le nuvole

Qualche volta guardo il cielo azzurro
come se mi chiamasse il suo sussurro.
Son state scarse le nuvole in questi anni
e, se presenti, hanno fatto anche danni.
E' raro adesso volgere in su il viso
e veder quella panna in paradiso.
Proprio di panna sembrano ai bambini
quei cumuli rigonfi senza fine
che si spandevano spinti da quel vento
che noi quaggiù si percepiva a stento.
Guarda, c'è un cane, no, è un orso grigio,
e più in là vedo un vecchiettino bigio
che sembra pianga con tanto dolore
o forse ha solo un forte raffreddore.
E quando alle tue amiche ti voltavi
per annunciar la bella tua scoperta
e gli occhi al cielo subito rialzavi
le forme s'eran tutte traformate
ed altre immagini erano spuntate.
Il bianco puro, il grigio, a volte il rosa,
prendevan spazio in quel bel cielo azzurro,
blu, celeste o turchino
che a testa in su ammirava quel bambino.

martedì 19 febbraio 2013

Lo sculaccione

Che circolo, ragazzi, che compagnia,
quanti eravamo non so dirvi mi(c)a.
So solo che di giorno e anche di notte
riempivamo col cerchio quella corte.
Sia davanti che dietro si giocava
con tante bimbe, bimbi e altre persone
per poter dare quello sculaccione.
Il più grande però fu quell'estate
nello spazio davanti a Dora e a Edilia:
di bimbe e di fanciulle il girotondo
aumentò nel giro di un secondo
e i maschi che da noi eran troppo pochi
venivan da altre corti a fare i giochi.
Anche da Lucca stessa in bicicletta
a una cert'ora arrivavano in fretta.
No, non per le bambine:
di certo per veder le ragazzine
che sistemati i capelli con passate
sembravan belle come delle fate.
E su a chi tocca dar lo sculaccione?
correte subito nell'altra direzione!
Sopra di noi vegliavano le stelle
illuminavan quelle bimbe belle.
Allora erano tante e luminose
non c'eran luci ad oscurare il cielo
e a rendere sfocata la visione:
splendevano a milioni su a guardarle
a volte si provava anche a contarle.
I piedi il suolo colpivano veloci
per raggiungere il posto abbandonato
dopo lo sculaccion desiderato
e tutto il cerchio percorrere dovevi
restavi fuori se non ti muovevi.
Alle ragazze davan tocchi lievi
galanterie di un tempo ormai passato
ma che fortuna averlo attraversato.

lunedì 18 febbraio 2013

Le redole

Che nome strano e bello e inconsueto
per quei sentieri piccoli e sterrati
che, sparsi d'erba intorno, ben pestati
portavano dovunque per i prati.
Forse l'avevan fatti gli agnellini che il pastore portava a pascolare
in altri tempi, lontani da quel tempo
che ci vide percorrerli contenti
con niente in mano e con il viso al vento.
La redola che più mi viene in mente
portava, più veloce che la strada,
alla chiesa, e da dietro ci arrivava.
Si percorreva via del Tirassegno
verso sud e arrivati a Bonturi
a sinistra s'andava, verso un posto
silenzioso, magico, nascosto.
Lì un boschetto, un canneto o qualcos'altro
faceva quasi alla stradina un tappo
che la chiudeva, sì, ma tu sapevi
che di là oltrepassar potevi:
entravi allora dentro quel fogliame
attenta e svelta a spostarne le rame,
come inoltrarsi dentro a una foresta,
tenendo fermo il fiocco sulla testa.
Ma i piedi eran sicuri sul sentiero,
antico e saldo,
redola,
davvero.


domenica 17 febbraio 2013

Dietro casa di Elvira

Il glicine e giorgine
e zinnie e poi non so
ma quell'estate lì io la ricordo un pò
perché fu ben fissata da una fotografia
e chi l'avrà scattata non so proprio chi sia.
Comunque siamo in cinque, tre bimbe ed un bambino,
più piccolo s'intende,
e un fiore di giardino.
La Babi, bella ed alta
con gli occhi sorridenti
che veniva a trovare i suoi cari parenti.
E allora metterò i nomi di quegl'altri:
la Mimma, Bernardetta e Laurina
e il piccolo Giuseppe, il fratellino.
E' un peccato per tutti quei fiori
ma non c'erano foto a colori.

sabato 16 febbraio 2013

Le lucciole

Nella notte appena nata, nella tarda primavera
fino a estate, tutt'intorno
fuori casa si vedevan tante allegre lucettine:
eran tutte luccioline.
Spegni e accendi lucciolina la tua strana lucettina
dai alla notte più splendore
e negli occhi dei bambini
fai venire lo stupore.
E ce n'eran proprio a banchi
e di dietro e anche davanti
sopra il pozzo, nel pratino, sulla testa del bambino
che guardava uno spettacolo dal sapore di miracolo.
"Lucciola lucciola vien da me, che ti do il pan del re, pan del re e della regina
lucciola lucciola vieni vicina!"
Su, prendiamone qualcuna, nella mano da tenere
stretta a pugno poco poco e veloci andiamo in casa
mamma ha pronto già il bicchiere.
Sono lì, dentro il bicchiere, capovolto piano piano
se la luce spengi adesso ne vedrai il luccicare.
Ora a letto ed al mattino, quasi ancora ad occhi chiusi,
proprio lì sotto il bicchiere, sopra il vecchio tavolino
son scomparse le lucine
non ci sono più luccioline
ma lasciato hanno ai bambini
tanti piccoli soldini.

venerdì 15 febbraio 2013

In piazza dei Miracoli ci aspetta un bel pratino
che serve a ristorarci dai danni del sellino.
E poi una "gazzosa", una stringa, un chicchino
e di nuovo sdraiate a fare un riposino.
Poi si rideva e allora cominciammo a parlare
con frasi conosciute alle medie a studiare.
E via con il francese, l'inglese ed il tedesco
a far finta di essere straniere a prender fresco.
Intanto s'era fatto il tempo del ritorno
così le biciclette prendemmo lì d'intorno
e via, ma piano piano, si arriva a San Giuliano.
Di fare la salita non si parlò per niente
e si prese la strada che circonda quel monte;
poi Ripafratta arriva e si pedala ancora
e qui Paola sbotta, proprio lì, bel bello:
- O bimbe su, sbrighiamoci, qui sotto c'ho un tordello!-

giovedì 14 febbraio 2013

La gita a Pisa

Quel giorno lì, sì proprio, senza fretta, si decise di andare a Pisa in bicicletta.
Forse eravamo in quattro: Alga, Mimma, Paola e Grazzina,
era, penso d'estate, un pomeriggio presto
e via, senza pensieri, con pedalare lesto.
Si arriva poco dopo sopra la via Pisana
ed, in salita andando, si aggiusta la sottana
che il sellino noioso ci spostava di lato..
-Ecco il foro, ecco il foro, ora va attraversato.-
Ma Alga si rifiuta, non vede in fondo il buco,
sostiene:- L'hanno chiuso!- (si vede che ha paura)
Davver la galleria è scura scura scura.
E' piena di sostanze gassose e puzzolenti; da respirarci lenti.
- Ma tanto va in discesa, si traversa in volata!-
Convinciamo anche Alga, un pò rassicurata.
Si sbuca e la discesa ci mette le ali ai piedi,
(ai pedali si dice) si scende senza freni.
Un clacson ci ricorda che siamo contromano:
un camion che saliva, per fortuna pian piano.
Ci rimettiamo a destra e giù nella pianura
ci ombreggiano quei platani oggi presenti ancora.
Sudate e soddisfatte si giunge infine a Pisa:
-E' fatta, meno male-, e giù scrosci di risa! .....continua

martedì 12 febbraio 2013

E noi fuori per giocare entravamo nella stanza:
- Se ne parlerà domani o in un'altra circostanza.-
Noi a sedere sul divano si guardava quella scena:
torno torno a quel caldano
quelle teste un poco chine su tovaglie e federine
che, dall'alto, illuminava una luce chiara chiara.
Fuori già iniziava sera
ben più avanti in primavera.
Si godeva del tepore che veniva da caldano
(le palline ancora in mano).
Chiotte chiotte sul divano
che a quei tempi, poco fa,
si chiamava ancor sofà.
Le ricamatrici

Nel salotto di Dantina, già dal primo pomeriggio.
dopo aver lavato i piatti, si vedevan affrettarsi
tante donne che sedute tutt'intorno ad un caldano
lavoravano, aghi in mano,
a ricami sopraffini su lenzuoli e lenzuolini.
Le matasse o matassine eran fili colorati
verdi, rosa e celestini
che le dita, unite all'ago, trasformavano in "giornini"
in "gigliucci", in "punti a osso"
da tenere dentro al letto, proprio sopra il corpo,
addosso.
Sì, sì, c'erano i colori, tutti quelli che ho già detto
ma il primato l'avea il bianco che era ancora il prediletto.
Le lenzuola, le tovaglie e ogni altro telo usato
dopo averli ben sfilati eran tutti ricamati.
A Dantina, oltre a questo, le toccava altro lavoro:
il lavare e lo stirare con un ferro molto strano
che sbuffava fuor vapore.
Tutti questi capi, poi, ritornavano al negozio
che in città faceva sfoggio di ricami e di gran trine
messi dentro alle vetrine.
E le donne chiacchieravan quando l'una, quando l'altra:
rifilavano la vita con i guai, con gli scompigli,
ricamavano a parole qualche gioia, tanti consigli. Continua....


lunedì 11 febbraio 2013

 Il Fossetto

Anche se qualcuna osava bere l'acqua della fossa,
se avea sete, se sudava (tutte quante ce le metto)
era gioia sopraffina bere l'acqua del Fossetto.
Quelle polle che sgorgavan sotto il ponte, lì al Bersaglio
ristoravano la gola e la la bocca e anche la faccia
a color che senza tema discendevano nell'acqua.
C'era che mancava proprio e la pompa e il rubinetto,
cari miei mettete i piedi dentro l'acqua del Fossetto
e bevete con le mani messe a coppa per tenere
quel pò d'acqua cristallina senza aver neanche il bicchiere.
Era gelida d'estate, ghiaccia che irritava i denti
ma lo sfogo che faceva compensava anche i lamenti.
Poco in là le nostre mamme
risciacquavano lenzuola
quel biancore dentro l'acqua
lo ricordo ancor, tuttora.

domenica 10 febbraio 2013

La fossa

Si arrivava alla fossetta da una redola perduta
era piena di un'erbetta sempre verde, non tenuta.
Qualche bodda, qualche rana che sortite a passeggiare,
per la noia di stare in acqua,
se ne stavano nascoste sulle rive delle fosse.
Tantoché noi si rischiava di pestarne qualcheduna
e di farle gracidare contro il sole, non la luna.
Arrivate si toglievan zoccoletti o sandalini
e si entrava dentro l'acqua piena ancor di boddacchini.
E qualcuna si grattava una gamba, quatta quatta
"Non è niente, non è niente, era solo una bignatta!"
Con la tavola di Adolfo, messa lì per traversare
alle volte si saltava dentro ai campi ancor da arare
e da lì si apriva un mondo fino ai poggi del bel fiume
che aspettava, nell'estate, delle bimbe le nuotate.
Ma quell'acqua della fossa la ricordo cristallina
con quei fili d'erbe dentro che sembravano nastrini
e danzavano graziosi in balia della corrente
ch'era dolce e non veloce e non gli faceva niente.

sabato 9 febbraio 2013

Fine corte sud

Manufatto grande e grosso, si trovava sulla strada
via di Boboli, accidenti, è rimasto, cosa rara.
Eravamo in quel momento che si stava sul confine
tra bambine e ragazzette, spensierate, chiacchierine.
Non è proprio che in quel tempo non accada qualche rogna
io non so perché lo dico, sedevamo su una fogna.
Chi tornata dalla scuola chi dal suo lavor precoce
dopo il pasto montavamo su quel luogo superiore.
Si montava proprio sopra con l'aiuto dei mattoni
e sedute si guardava il passar delle persone.
Si parlava della scuola, dei lavori, dell'amore
mentre il sole da occidente ci donava il suo calore.
Qualche volta capitava si fermasse un ragazzetto
e non più solo bambini: avevamo i brufolini!

giovedì 7 febbraio 2013

Il melino

Veramente non era un melino
era alto e frondoso, non piccino
ma le meline erano il suo frutto
da mangiarsi col torsolo e tutto.
(senza lavarle, stavano su in alto!)
C'era però un problema grosso assai
nostro non era il melo ed eran guai
perché vicino a casa di Albertone
(si diceva ne fosse il padrone).
Allora ci andavamo verso sera
sperando che nell'ombra si potesse
nascondere i visini di quei bimbi furbi e birichini.
Ma no, non s'era birichini e men che mai dei furbi!
Solo, quelle meline rosse e un pò verdine
provocavano in bocca le acquoline
che soddisfar dovevi. (mica tante!)
Così salendo sopra ad un muretto
la mano si tendeva con paura di rompere un rametto addirittura.
Si stava attenti ma una brutta sera
successe proprio che un discreto ramo
si spezzasse e cadesse non lontano
e noi, in silenzio, senza dire niente,
si ritornò alle case, lentamente.


mercoledì 6 febbraio 2013

Il pratino

C'era ancora un alto pozzo nel pratino dietro casa
ma non proprio nel suo centro quasi fosse sconsolato
dal non esser più da tempo normalmente utilizzato.
Tutto intorno erba e fiori, mica quelli dei gardini
sontuosi e appariscenti
no, soltanto pratoline e veroniche lucenti.
Le veroniche non son altro che quei tanti fiorellini
che d'azzurro coloravano l'erba di tutti i pratini.
In quel prato piccolino si è giocato tutti i giorni:
capriole, girotondi e "valanghe" in quell'inverno che la neve tutt'intorno
regalò a noi piccini un pupazzo bello e tondo.
E fu lì nei freddi giorni, con la neve e con il gelo,
che i più grandi, donne e maschi, combatterono davvero:
si tiravano con gioia grandi palle ben gelate
ma distanti, non vicini, per non farsi tanto male.
Non c'è più quel bello spazio, chiuso è stato da cancelli
non ci son più quei bambini
che con una pallina e niente
si spargevan nella corte
rallegrandone l'ambiente.

martedì 5 febbraio 2013

Il gioco delle palline

Ma che bello nelle mani tenére
palline colorate da gettare sulla terra spianata della corte
più vicino che puoi alla buchetta
scavata dal calcagno di un compagno
che già gustava il suo giusto guadagno.
Si tenevano come dei tesori
quelle sfere di tutti i colori
si ripulivano a soffi ripetuti
e si strusciavan bene tra le mani
per averle pulite l'indomani.
Buchetta, circoletto ed il bel Papa
garbavano ai bambini e a Piero Tapa.
I maschi, quasi sempre bravi,
contenti di giocar con le bambine
si mettevano in mostra e in evidenza
ripulendo il terreno con coscienza
levando erbacce e sassi e formichine:
una volta perfino forbicine!
Il murìcciolo

Quel murìcciolo andava in discesa
al confine tra la corte e la strada
ci accoglieva al mattino e alla sera
nei giorni dell'estate e a primavera.
Sopra, in piedi, sfilavano bambine,
avanti e indietro, a far da ballerine
e si scendeva giù, da quelle pietre, a salto
risalendo, poi, subito su in alto.
Era un posto tranquillo ed incantato
dove sedersi dopo aver giocato.
Nell'aria s'intrecciavano parole
di conte, filastrocche e canzonette
tutte imparate dalle ragazzette
che c'insegnavan giochi ed altre cose
come un dono, come delle rose.
Sempre lì sopra poi si decideva
che gioco fare ancora, che cantare
e a volte poi si abbanonava in fretta
prendendo l'adorata bicicletta.

domenica 3 febbraio 2013

E stamami comincio con alcune rime, zoppicanti non rifinite. Le prime le dedico alla pompa della corte.

La pompa di Corte Fibbiani

Quante volte ci siamo dissetate
 alla tua acqua, ridenti e sudate
dopo le corse e i giochi e le palline
che sporcavan ginocchia e manine.
Ognuna, a turno, era svelta a pompare
e spingere la leva per donare
all'amica quell'acqua di fontana
che avrebbe fatto cantare una rana.
E a volte si aiutavano le donne
che sciacquavano fazzoletti e gonne
e avevano bisogno di due mani
per strizzare pezzuole e asciugamani.
E quand'eri occupata, noi bambini
 a guardare Emma rovesciar calzini
e strizzarli e scuoterli nell'aria fino a schizzarci,
 noi si stava al gioco,
e contenti matti
ci si scanzava solo di due passi.
Aver la pompa a portata di mano
era un lusso e noi lo sfruttavamo.
Nei campi "lei" non c'era
ma i bimbetti
avevan sempre l'acqua dei fossetti.
Ho così tanti ricordi di persone, di luoghi, di momenti che faccio fatica a decidere cosa raccontare: mi si affollano davanti ma è difficile metterli in fila. Sono un tutto unico che forse potrebbe essere meglio rappresentato con la poesia o con la pittura: versi, quadretti, piccoli sprazzi di vita. Ma è questa quella cosa che si chiama nostalgia?

sabato 2 febbraio 2013

Quasi passata l'uggiosa giornata si sente il vento ululare da nord est, speriamo duri quel vento freddo e asciughi un pò i campi e le case. Febbraio a volte portava freddo e neve, a volte... ma sempre portava il carnevale e insieme a folate di vento sembra di sentire l'odore di cenci, frittelle, frati e bomboloni, insomma quell'odore che a sentirlo spesso ti stucca ma ogni tanto ti sollecita le papille gustative e  fa quasi tornar bambini, vestiti da cow-boy, da Zorro, da fatina o da contadinella a tirar coriandoli e stelle filanti e a suonare più forte che puoi la trombetta. A volte ri-vivere è quasi come il vivere.

venerdì 1 febbraio 2013

E anche oggi sembra primavera, ma non è. Metto una poesia che ieri mi è venuta in mente e che ho fatto imparare a tanti bambini:

Prima di primavera ci son dei giorni in cui
alita già sotto la terra il prato
e sussurrano i rami disadorni
e c'è un vento tenero ed alato.
Il tuo corpo si muove senza pena
la tua casa non ti par più quella
tu ricanti una vecchia cantilena
e ti sembra ancora tanto bella.

Il prato da noi è ben pieno di erba verde ma tutto il resto è così come scriveva la poetessa Alma Acmatova, russa, quindi: il prato là alitava appena.