domenica 3 febbraio 2013

E stamami comincio con alcune rime, zoppicanti non rifinite. Le prime le dedico alla pompa della corte.

La pompa di Corte Fibbiani

Quante volte ci siamo dissetate
 alla tua acqua, ridenti e sudate
dopo le corse e i giochi e le palline
che sporcavan ginocchia e manine.
Ognuna, a turno, era svelta a pompare
e spingere la leva per donare
all'amica quell'acqua di fontana
che avrebbe fatto cantare una rana.
E a volte si aiutavano le donne
che sciacquavano fazzoletti e gonne
e avevano bisogno di due mani
per strizzare pezzuole e asciugamani.
E quand'eri occupata, noi bambini
 a guardare Emma rovesciar calzini
e strizzarli e scuoterli nell'aria fino a schizzarci,
 noi si stava al gioco,
e contenti matti
ci si scanzava solo di due passi.
Aver la pompa a portata di mano
era un lusso e noi lo sfruttavamo.
Nei campi "lei" non c'era
ma i bimbetti
avevan sempre l'acqua dei fossetti.

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