domenica 28 ottobre 2012

Abbiamo delle fotografie scattate all'Elba che ci ritraggono ritte su una panchina con fette di cocomero in mano e spostate tutte in avanti per non macchiarci il vestito, facce soddisfatte e ridenti, contente di quello che ci capitava, di ciò che arrivava nella nostra vita, anche se qualcuno potrebbe definirlo niente. Quel tempo ci è stato leggero, ci ha cresciuto con lentezza e non se n'è andato via, è rimasto insieme a tutto quello che è venuto poi come si fosse adagiato in uno scrigno, da riaprire ogni volta che ce n'è bisogno.

venerdì 26 ottobre 2012

Abbiamo fatto diverse gite all'Elba e ogni volta sul traghetto si trovava la maniera di divertirci. Si scattavano  fotografie in posti strani (anche sulle scialuppe di salvataggio), non si stava mai ferme, dentro, fuori, dentro, fuori, si viveva il percorso sul mare come una piccola crociera, osservando specie le persone con curiosità, tanto che si facevano amicizie, una volta con un tedesco, una volta con un austriaco (Heinz Kienast di Vienna) sfruttando le poche parole di inglese che qualcuna di noi stava imparando alle Medie: insomma, eravamo proprie ragazzine vivaci e mettevamo allegria.

martedì 23 ottobre 2012

Finì così la storia, in un soffio, come doveva essere a quell'età, ma era successo a me e ne ero contenta anche se sull'autobus, al ritorno, qualche ragazzino fece delle considerazioni sul fatto che avevo parlato (?) con i tedeschi; eh sì, dalla guerra non erano passati poi tanti anni, nelle famiglie e molto anche nella mia si raccontavano le angherie subite in quel periodo ma come può una ragazzina di 12 anni rifiutare un sorriso o una parola? Beh, basta, ne ho parlato anche troppo, so soltanto che pochi giorni dopo furono separate da fili e muri le due Gemanie e io per diversi mesi raccontai su un diario le mie giornate scrivendo: caro Hans.

venerdì 19 ottobre 2012

Io non sapevo una parola di tedesco, lui niente o quasi d'italiano, si comunicò con gli occhi, poi lui mi prese per mano e mi accompagnò all'interno del traghetto dove, seduti sulle poltrone, c'erano i suoi genitori e un giovane uomo con una giovane donna. Il padre lo ricordo molto affabile e cominciò a parlarmi in latino! Ma ancora ne sapevo poco, poi si aiutava con i gesti e riuscii a capire che magnificava il volo dello Sputnik nello spazio, forse bevvi con loro un'aranciata. Mi sembra ancora una cosa molto strana tutto quanto era accaduto alla mia prima uscita lunga, eppure andò così, in quei pochi quarti d'ora avevo vissuto in una specie di bolla che mi aveva isolato dagli altri. Il traghetto però arrivò a Piombino, dovetti andare con gli altri ma, prima, Hans mi sfiorò la guancia con un bacio. 

giovedì 18 ottobre 2012

Una delle gite più belle perchè inaspettata fu quella dell'isola d'Elba dove fui mandata all'ultimo minuto perché uno dei miei fratelli non poté. Naturalmente c'erano una zia e una cugina iscritte nell'elenco dei gitanti. Doveva essere il '61, primi giorni di agosto, un vestitino leggero cucito in casa o dalle sartine della corte, un bellissimo cappello in testa, giallo, al collo una catenina d'oro con un bellissimo ciondolo ovale: dentro una madonnina con manto azzurro e bimbo in collo. Del viaggio di andata in autobus non ricordo niente e quasi niente nemmeno del traghetto, che pure era la prima volta che prendevo, il ritorno però mi riservò una bellissima sorpresa. Mentre stavo affacciata al parapetto del traghetto a guardare il mare si avvicinò un ragazzo biondo, occhi azzurri e si mise alla mia sinistra, così ci fu un gioco di sguardi per qualche minuto, poi Hans, questo era il suo nome, prese tra le dita il ciondolo della mia catenina e disse: Madonna?, Maria? tu? Ero confusa ma dopo un pò capii che voleva conoscere il mio nome...

lunedì 15 ottobre 2012

Una gita che annualmente veniva fatta dal prete era a Montenero e le prime volte i bimbi erano accompagnati da mamme o zie. La cosa più difficile era distogliere i bimbi dalle bancarelle che vendevano di tutto, richiami e tirate di braccia si sprecavano ma a volte qualcosa restava attaccato alle mani, e si sperava non fosse la formellina con su scritto:"A Montenero andai a te pensai questo ricordo ti portai". Magari sarebbe andata  bene qualche stringa morbida di liquirizia (si diceva regolizia?) o un biberon di liquido dolciastro e colorato oppure una sospirata girandola ma spesso ci dovevamo accontentare della gita e basta e non eravamo bimbi capricciosi, dopo un pò ci si calmava. Una cosa che al santuario di Montenero si poteva vedere erano gli ex-voto. Quei disegni, quei quadretti, quegli oggetti lasciati in ricordo di dolori e tragedie patite e superate mi attraevano e sgomentavano al tempo stesso, specialmente se riguardavano bambini.

mercoledì 10 ottobre 2012

Una delle cose più belle di queste piccole gite era stare sul pullman, salire e scendere sugli scalini, trovarsi velocemente un posto vicino al finestrino e accanto a un'amica, guardare scorrere case e alberi, insomma il percorso pur breve era importante. Qualche volta siamo andati in pullman al Santuario di Santa Gemma che è sulla circonvallazione! ma erano comunque spostamenti e allontanamenti dalle cose consuete, che restavano fisse nella corte ad aspettarci. E questo permanere delle cose, dell' ambiente di vita ci rendeva sicuri, si poteva partire e ritornare, non c'era pericolo.

martedì 9 ottobre 2012

Le gite del prete
Una delle gite, beh, gitarelle diciamo, che si facevano, bambini e bambine che andavano alla dottrina, era quella a Viareggio, non ricordo se andavamo anche in qualche chiesa ma certamente ho in mente la spiaggia e il mare dove avevamo il permesso di bagnare i piedi e farli poi asciugare tra la sabbia con l'aiuto del sole. Che sensazione poter mettere i piedi nell'acqua levandoci le scarpe, e, naturalmente, era forse un pò fuori stagione, urlavamo a quel contatto freddo e si rideva. Le beate ci accompagnavano e stavano attente ai nostri comportamenti e aiutavano chi stentava a ripulirsi i piedi e a rimettere calzini e scarpe. Si andava nel primo pomeriggio, dopo mangiato, mi frullava lo stomaco dall'impazienza, salivo e scendevo le scale con frenesia e mia madre, una volta, minacciò di non mandarmi ma non mise in atto la minaccia. Per molto tempo alla parola mare ho collegato Viareggio e piedi nell'acqua.

lunedì 8 ottobre 2012

E il 14 settembre ci portavano alla fiera in piazza S.Michele. Ma ognuna per conto suo, con la sua mamma o con nonne e zie. Da molto piccola non mi piaceva, ero frastornata dalla confusione, da tutta quella gente che se non stavi attenta ti potevi perdere e anche da quei palazzi che vedevo così alti e incombenti. Ma c'erano anche consolazioni: il frate del Nelli, dolce e croccante che finiva in un attimo e, soprattutto, le collane di nocciole. Tutte le bimbe ce l'avevano al collo, la sera, e le portavano come un gioiello senza osare spaccare quei meravigliosi frutti marroncini lucidi. Ancora la sera tiepida ci permetteva di uscire in corte, dopo cena, e la scuola allora cominciava il primo di ottobre, ancora avevamo giorni felici davanti e prima di tornare ad essere rinchiuse nelle aule troppo grandi, prima che il tempo iniziasse a mandare acqua dal cielo, come a un comando, un giorno ci sedevamo vicino a uno scalino o sul murìcciolo e con un martellino, piu spesso con un sasso, si aprivano le nocciole e si gustavano come a dire addio all'estate.

domenica 7 ottobre 2012

Scoprimmo ben presto i "calcinculi", e "le macchinine che si battono insieme", le autoscontro, insomma: eravamo ragazzine, in quel tempo che ci rende un pò sciocchine, che ci spinge a ridere di niente e di tutto, quel tempo leggero che contiene ancora la bimba ma che schiude il futuro, che ci rende ritrose e sfacciate e che rende reali sogni e fantasticherie, un tempo rischioso se vissuto da sole, ma noi eravamo tante e sempre insieme. Così qualche volta andammo alle giostre senza adulti e volammo libere sui "calcinculi" spingendoci sempre più in alto per strappare il fiocco (eravamo molto brave) e guidammo le macchinine cercando di evitare gli scontri ma contente amche delle botte che si prendevano, tornando a casa con ginocchia contuse e colpi in testa contro l'asta.

sabato 6 ottobre 2012

Quando si andava sul Fiume, naturalmente, ci accompagnavano le mamme o le zie, mai da sole, solo i maschi trasgredivano a volte l'ordine, ma di questo ho già accennato. Voglio invece dire dei Cavallini, così si chiamavano le giostre che deliziavano il nostro settembre."Oggi si va a'ccavallini". I Cavallini erano fuori Porta Santa Maria, su erba e ghiaino, vero paese dei balocchi: banchetti con frati, croccanti, lupini, stringhe di liquirizia, cialde, cocco, collane di nocciole e spesso si trovava il cocomero, certi cocomeri grossi, tondi che venivano affettati con lunghi coltelli facendo vedere, prima, il colore e intuire la fragranza eseguendo un tassello che i venditori estraevano e mostravano sorridenti. Ma, insomma, dicevo i Cavallini, quelli erano importanti, il resto era il contorno. Da proprio piccoline ogni mamma accompagnava i figli che, a dire il vero, sembravano quasi statuine su quelle macchinine, aeroplanini, cavallini (tutto in ini) e anche stupiti e in qualche modo impauriti ma bastò qualche anno in più e tutto cambiò...

venerdì 5 ottobre 2012

Beh, dovrò ritornare senz'altro su questo argomento, su quel periodo che cambiò tutto intorno alla corte e che sciupò irrimediabilmente l'acqua della fossa.
Ora voglio raccontare gli spostamenti più lunghi, quelli che facevamo accompagnati dai grandi e che ci portavano, ad esempio, una volta l'anno, alla Polla del Bongi. Eh, sì, una mattina con qualche mamma e una bicicletta per uno, ai piedi zoccoletti, vestite leggere, abbastanza presto per tornare a casa all'ora del mangiare, si partiva per la Polla. Era un percorso lungo, a me sembrava, da via di Boboli si arrivava sullo Stradone e si attraversava dal Chiasso per arrivare sulla via Pisana: da lì via verso ovest fino alla Giorgia (uno dei pochi ristoranti della zona), si entrava poi in una strada che andava a sud e attraversava il ponte sull'Ozzeri che ci dicevano fatto dagli Americani finita la guerra, ci piaceva il rumore che si faceva passando su quelle tavole. Poi una discreta salita ci portava fino a uno spiazzo dov'era un lavatoio, e qualche casa un pò nascosta e lì si posavano le biciclette per finire il percorso a piedi. Una camminata su pietre e ciottoli resa ardua dagli zoccoletti ma noi bimbe come caprette si arrivava alla sorgente prima delle mamme. Si beveva quell'acqua che veniva espulsa velocemente con grandi risate, si beveva e si restituiva, le mamme si sedevano e continuavano a bere, al massimo qualcuno ne prendeva un fiasco da portare a casa ma ci dicevano che bisognava berla lì, a casa non avrebbe avuto lo stesso effetto.

mercoledì 3 ottobre 2012

Già, la corsa al cancellino...la chiusura di pezzi di corte, che erano serviti per i lavori di tutti, le aie dove gli adulti spargevano grano, granturco, dove vagliavano fagioli secchi con stacci adatti, dove si vedevano tavole lunghe e sottili ricoperte di conserva; dove i bambini potevano inventare tutti i giochi del mondo con niente, dove i vecchi si riposavano e parlavano con chi passava seduti su sedie di cucina, cominciò ben presto: il lavoro dei campi non lo faceva più nessuno, le aie della corte non servivano più , i bambini erano cresciuti e se ne andavano a scuola a Lucca o a lavorare, i vecchi trovarono riparo nella televisione, insomma le case che erano nate attaccate si separarono e ognuno fece il suo giardinetto circondato da reti e cancellini. Noi, ormai adolescenti non ce ne curammo, eravamo occupati in altri pensieri, ormai l'età felice l'avevamo attraversata.

martedì 2 ottobre 2012

Un altro pericolo che ci spinse ad evitare questa casa in costruzione era la buca della calce, più che buca a me sembrava una specie di piscina, piena di una sostanza liquida piuttosto densa, bianca, e ci dicevano di non avvicinarsi che ci si poteva bruciare; i maschi erano più coraggiosi e si avvicinavano tirando qualcosa dentro e la calce sembrava ribollire, faceva proprio bolle come quando si faceva la polenta. Un mistero per me questo ribollire senza fuoco. Per noi bimbi la costruzione della casa dei Borelli fu un avvenimento che ci permise nuovi giochi e sfide ma non capimmo che sarebbe iniziato il saccheggio dei campi, l'apertura di nuove strade, l'asfaltatura della via che conoscevamo in ogni buca e la corsa al cancellino.

lunedì 1 ottobre 2012

Una delle prime case che venne costruita in questa parte di strada fu quella dei Borelli, davanti all'orto di Dantina e Fedora e alla felice casa dei Giangrandi.Per noi della corte fu un avvenimento gradito che ci permetteva nuovi tipi di divertimento, tutto il materiale da costruzione poteva costituire mezzo per giocare. mattoni, ghiaino, soprattutto rena (si diceva rena, non sabbia) e quando i lavori arrivarono al primo piano ci trovammo di fronte a un vera e propria tentazione: davanti alla grande porta-finestra a sud c'era una base rettangolare piuttosto ampia per un terrazzo. Quando la sera andavano via i muratori noi salivamo le scale ancora grezze e ci si affacciava al terrazzo, proprio sotto c'era un grande mucchio di rena, non senza paura si prendeva la rincorsa e ci tiravamo giù, ad occhi chiusi ed era un volo incantevole, una sensazione di libertà e di sfida, l'atterraggio un pochino duro, a dir la verità, ma non ci siamo mai rotti niente. Questo "gioco" finì quasi subito perchè qualcuno dalla strada ci aveva visto e istruito sui pericoli corsi.